L'uomo



Ciro Li Vigni: da Hermann Hesse alle metafore idrogeologiche

In uno dei suoi libri più famosi, lo scrittore tedesco Hermann Hesse raccolse le sue credenze e le sue visioni sul mondo. In uno dei capitoli iniziali, l’artista descriveva con ironica drammaticità una situazione sociale tipica fra due europei che si incontrano su un treno. Uno entra nello scompartimento indicato sul biglietto, e scorge l’altro seduto già nel posto assegnatogli. Cortesemente i due si scambiano un saluto. Ma quasi con ritrosia, ostilità. Il ritardatario chiede permesso al suo compagno di viaggio, che gli risponde soavemente. Tuttavia la loro gentilezza è glaciale, la loro benevolenza posticcia, perché nel fondo del loro animo sono quasi infastiditi l’uno dall’altro.
Laconici, si rigettano presto nel loro più sicuro silenzio. Quello che era arrivato per primo volge la testa al finestrino, mentre il suo compagno di viaggio s’immerge nei suoi pensieri felici - censurandoli. Dentro si sente scoppiare di energia, di buon umore; vorrebbe parlare, dire che è gioioso perché sta per ricongiungersi con la sua amata. Ma per convenzioni sociali, per supposto rispetto, preferisce restare muto, e violare la sua anima esuberante, costringendola alla quiete.
È a questo punto che Hesse immagina come sarebbe stato questo incontro se solo l’europeo felice avesse sguinzagliato i suoi sentimenti più sinceri. Sarebbe entrato nel vagone radiante, avrebbe salutato il suo compagno di viaggio con una voce squillante e gli avrebbe detto: «Dio che bella giornata! È uno splendore, e io sono in ferie! Che te ne pare della mia cravatta? Senti, ho delle mele nella valigia, ne vuoi una?». Poi si sarebbe seduto, e avrebbe insieme all’altro gioito del sole e del frutto. In un mondo migliore, l’altro, inizialmente sconvolto, si sarebbe forse abbandonato alla gioia del suo simile. Alla fine del viaggio, si sarebbero salutati certo con un abbraccio, come degli amici.
È per averlo visto con i miei occhi che ho creduto che la versione immaginata da Hesse è tutt’altro che impossibile. È proprio una persona come Ciro Li Vigni a smentire la versione corrente. Simile ad un Geyser, il nostro artista è, tanto nella vita come nell’arte, un’esplosione, se non continua – nulla nell’essere umano potrebbe essere continuo, ché sarebbe robotico o patologico –, senz’altro costante. Ogni incontro, anche del più banale, al mercato, o per strada, è per Li Vigni un gettito alto e vigoroso di energia vitale. Ogni pennellata, un inno alla vita. E la sua arte stessa, la sua necessità di esprimersi, non è che una diretta e naturale conseguenza della sua, da sempre e ancora, giovanile esuberanza.

Fabrizio Li Vigni